Discussione sulla proibizione di coprirsi la faccia, sopratutto per le donne mussulmane

from an e-mail of 16th September 2016

Lettera scritta ai miei famigliari
Carissimi,
sabato ho avuto la fortunata possibilità di discutere con voi sul tema della proibizione di portare (usare?) il burka o il velo sulla faccia qui da noi in Svizzera.
Confesso che sono stato per molto tempo un fautore di questa proibizione, ma grazie alle opinioni contrarie di quasi tutti voi, e anche un articolo apparso lo stesso giorno sul Tages Anzeiger intitolato "Der Staat als feministischer Psychoanalytiker" e scritto dal signor Giuseppe Gracia, che, notabene, à il responsabile per la comunicazione (Medienbeauftragter) del vescovato di Coira, che è noto per essere (il vescovato) molto tradizionale e retrogrado, quindi, per finire questa lunghissima frase, ho cambiato idea e vorrei riassumere le mie nuove considerazioni qua sotto, sempre sperando ad una risposta critica dai miei "lettori":

(diavolo, non ricordo di aver mai scritto una frase così lunga: spero si capisca)
  1. - Compito dello Stato e quindi del Governo è quello di permettere una vita sociale pacifica, rispettando tutte le minoranze e idee politiche o religiose, fintanto che nessuno vada contro alla "Carta dei Diritti dell'Uomo".
  2. - Non è compito dello Stato di prendere posizione a favore o contro un certo modo di vestirsi. Ma è chiaro che può richiedere di poter stabilire la vera identità di una persona, per esempio durante un controllo dei biglietti (abbonamenti), per un prelievo bancario o l'uso di una carta di credito o durante dei colloqui ufficiali per questioni amministrative. A parte questo, non ci dovrebbero essere restrizioni a prescindere ad un certo minimo di decenza. Altrimenti si arriverebbe ad avere una "polizia per l'abbigliamento "" come in certi paesi con altra cultura, cosa che assolutamente non vogliamo.
  3. - Una cosa importante nel emettere leggi è la separazione dei poteri: noi non possiamo essere allo stesso tempo giudici e parte in causa.

    Una legge che fissa un certa cosa che è forse valida al momento, contraddice la libertà di espressione e di opinione che sono fondamentali in una società che cerca di essere civile. La diversità è una cosa essenziale.
    Una iniziativa che vuole mettere nella costituzione un certa prescrizione per l'abbigliamento che al momento viene ritenuta necessaria, contraddice molte cose:
    per primo non è una legge generale ma si limita ad un certo aspetto, quindi toglie alla legge ogni possibilità di interpretazione e perciò limita il campo di azione dei giudici.
    In secondo luogo non rispetta altre idee, in quanto il coprirsi il viso, malgrado la mia avversione a questo, non va contro nessuna legge esistente, a condizione appunto che per ragioni amministrative (controllo di identità) la copertura possa essere tolta momentaneamente. Che ci possa essere un pericolo di una azione terroristica non è una valida ragione, perché per queste cose pazzesche non occorre nascondere il viso.
    La mia grande avversione a questo modo di vestirsi è una cosa privata e tale deve restare, al fine di mantenere i diritti personali delle altre persone.
  4. - Non è per niente possibile provare che una persona sia stata costretta a vestirsi in un certo modo. Come si fa a "misurare" la pressione sociale della propria famiglia e del proprio ambiente? Come si fa a "smascherare" se una persona ha subito un "lavaggio del cervello" magari dall'inizio della vita? Non sarebbe logico usare violenza con una prescrizione verso una persona che (anche se avesse subito un lavaggio del cervello) crede di voler fare la sua volontà.
    Essa deve poter aver la libert" di fare quello che ha sempre fatto, sperando che col tempo si possa rendere conto dell'inutilità di certe prescrizioni.
    E in fondo, in un certo senso noi tutti abbiamo avuto un "lavaggio del cervell"o al momento che veniamo allevati in un certo modo.
    Io per esempio sono stato allevato nell'ambito di una famiglia cattolica credente e + o - praticante.
    Fino quasi ai vent'anni non avevo messo in discussione niente, e solo grazie al fatto che uscendo dal nido ho incontrato e sono stato messo a confronto con altre persone e altre idee, ho potuto superare il mio "lavaggio del cervello".
  5. - Se noi creiamo leggi particolari, sorge il problema della universalità.
    Cosa farei io se un giorno un gruppo di squilibrati lancia una iniziativa per proibire il vestirsi come dei giapponesi del medioevo? Lo stesso sarebbe se qualcuno volesse proibire un certo partito (per esempio il Partito del Lavoro).
    Chi ci assicura che un giorno noi stessi non si sia colpiti da una qualche legge astrusa?
    Le leggi devono regolare le relazioni tra gli esseri umani, affinché ognuno venga protetto e possa vivere come vuole.
    Se si decide di circolare sulla destra, non si limita la libertà di movimento di nessuno.
    Se io voglio fondare il partito che propaga l'idea che la terra è piatta, non mi deve essere proibito.
    Se domani decido di vestirmi come uno scozzese, sono libero di farlo.
    Ma se voglio impedire ai Sigh di portare il turbante, o agli ebrei la loro seppa, o ai cristiani la croce con la collana al collo, beh, allora sono sulla strada sbagliata.
    Che si levino i crocefissi dalla aule scolastiche è invece necessario per mantenere lo stato, e le sue istituzioni, ad un livello di neutralità (stato laico).
  6. - Si deve poi considerare il problema psicologico del rigetto.
    Noi ticinesi abbiamo potuto sperimentarlo di prima persona quando negli anni sessanta siamo arrivati a Zurigo. Eravamo degli "cinq" e con noi parlavano in dialetto anche se noi si balbettava in Hochdeutsch.
    Come reazione abbiamo "stretto le fila" e formato il "gruppo dei ticinesi".
    Per gli emigranti questo significa che si formano le "società parallele" che sono un ostacolo per l'integrazione.
    Quindi vale meglio accettare i nuovi arrivati per come sono e aspettare che le nuove generazioni (perché più in fretta non va) si lascino influenzare dal nostro modo di vita (e noi dal loro, perché no? C'è sempre qualcosa di positivo in tutto).
    Forzare qualcosa su una persona provoca una reazione altrettanto forte: è come nella fisica della meccanica: azione=reazione
    Ho scritto molto, forse troppo, ma sarei grato di ricevere un commento e magari anche qualche aggiunta.
  7. Aggiungo qui un link che esprime in tedesco la posizione degli umanisti della Svizzera Tedesca (sezione di Zurigo):
    https://frei-denken.ch/burkaverbot-nein-aber
    (Added on January 28, 2020)